SPORT: GARANTIRE SICUREZZA FISICA ED EQUITÀ A TUTTI GLI ATLETI. UN TEST PER AZZERARE LE IDEOLOGIE.

In merito a quanto già espresso recentemente sul caso olimpico dell’atleta Imane Khelif vs Angela Carini, teniamo a condividere delle considerazioni che riteniamo molto importanti per, appunto come già detto, promuovere nuove regole più eque e che garantiscano maggiore sicurezza per tutti gli atleti. Come ribadito recentemente da Radfem Italia, “nello sport conta la realtà dei corpi, non i documenti, le sentenze né tantomeno le ideologie”.

La Special Rapporteur delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne e le ragazze, Reem Alsalem, sta promuovendo la reintroduzione di sex test a protezione delle atlete.  Come Steadfast ci uniamo a Radfem Italia e supportiamo pienamente questa richiesta. Come affermato in un intervista dalla Alsalem, “è molto importante essere sicuri di garantire la sicurezza fisica di tutte le atlete. Esistono modi semplici, efficaci e rispettosi di verificare il sesso, test non invasivi, a buon mercato e realizzabili, dove starebbe il problema? Soprattutto se in questo modo si possono risolvere questioni ed evitare paure e preoccupazioni che hanno ragione di esistere”.

Secondo la Rapporter delle Nazioni Unite i livelli di testosterone (che possono essere modificati) al momento della competizione non costituiscono un elemento significativo. Ciò che conta è avere o non avere avuto una pubertà maschile.
L’incontro tra Imane Khelif e Angela Carini, come affermato dalla Alsalem, “è stata la manifestazione di come il mancato rispetto di alcuni criteri importanti possa effettivamente causare molti più danni che benefici.”

Per approfondire maggiormente quanto detto da Reem Alsalem si può visionare nell’ articolo sul sito di FemministPost.

Ci preme però portare in evidenza quanto emerso da uno studio del Scandinavian Journal of Medicine & Science in Sports, che riteniamo sia molto importante per sottolineare quanto i i criteri del CIO per l’inclusione e la non discriminazione sulla base dell’identità di genere e delle varianze di sesso, sia ad oggi da rivedere. Lo studio è intitolato “The International Olympic Committee framework on fairness, inclusion and nondiscrimination on the basis of gender identity and sex variations does not protect fairness for female athletes” (Le regole del Comitato Olimpico Internazionale sull’equità, l’inclusione e la non discriminazione sulla base dell’identità di genere e delle varianze di sesso non garantisce equità per le atlete).

Già dalla lettura dell’abstract emerge il punto focale della questione a cui noi teniamo molto: Il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) ha recentemente pubblicato un quadro di riferimento per l’equità, l’inclusione e la non discriminazione sulla base dell’identità di genere e delle varianze di sesso. Pur apprezzando il riconoscimento da parte del CIO del ruolo della scienza e della medicina dello sport nello sviluppo delle sue politiche, non siamo d’accordo con l’affermazione che il quadro sia coerente con le prove scientifiche e mediche esistenti e mettiamo in dubbio le sue raccomandazioni per l’attuazione. L’esposizione al testosterone durante lo sviluppo maschile determina differenze fisiche tra i corpi maschili e femminili; questo processo è alla base del vantaggio atletico maschile in termini di massa muscolare, forza e potenza, resistenza e capacità aerobica. Il principio del CIO “nessuna presunzione di vantaggio” non tiene conto di questa realtà. Gli studi dimostrano che le donne transgender (individui di sesso maschile che si identificano come donne) con testosterone soppresso mantengono la massa muscolare, la forza e altri vantaggi fisici rispetto alle donne; il vantaggio maschile nelle prestazioni non può essere eliminato con la soppressione del testosterone. Il concetto di “competizione significativa” del CIO è errato perché l’equità della categoria non si basa su prestazioni molto simili. La categoria femminile garantisce una competizione equa per le atlete escludendo i vantaggi maschili. I test caso per caso per le donne transgender possono portare alla stigmatizzazione e non possono essere gestiti in modo efficace nella pratica. Sosteniamo che i criteri di idoneità per le competizioni femminili devono considerare lo sviluppo maschile piuttosto che basarsi sugli attuali livelli di testosterone. Le atlete devono essere riconosciute come le principali parti interessate nei processi di consultazione e di decisione. Esortiamo il CIO a rivalutare le raccomandazioni del suo quadro per includere una comprensione completa dei vantaggi biologici dello sviluppo maschile per garantire equità e sicurezza negli sport femminili.  A questo link potrete trovare l’intero studio.

Al netto della enorme confusione e bagarre mediatica che in questi giorni si è sviluppata, pensiamo fermamente che la tutela dell’equità e della sicurezza delle competizioni sportive sia un argomento molto importante, fondamentale, da non inquinare con aspetti pollico-ideologici, che riducono la bellezza dello sport a mero strumento di propaganda.