L’Africa: una terra ricca di valori a cui attingere
Suor Enza Guccione racconta la sua quasi ventennale esperienza missionaria in Nigeria
Roma, 14 Febbraio 2014 (Zenit.org) Luca Marcolivio
Suor Enza Guccione è una delle undici donne che testimonieranno il prossimo 8 marzo durante il convegno Voices of Faith. Missionaria in Nigeria dal 1996, la religiosa è attualmente impegnata in un apostolato a servizio delle popolazioni della problematica area fluviale del Niger, spesso soggetta a inondazioni.
Nel 2009, con il sostegno del vescovo di Onitsha, suor Enza ha fondato l’associazione onlus Emmanuel Family. Vive attualmente nell’isola di Igbedor, nel Niger dove, assistita da due volontari locali, gestisce progetti di sviluppo, evangelizzazione ed educazione per circa 8000 persone, di cui 5000 bambini.
A colloquio con ZENIT, suor Enza Guccione ha raccontato la sua straordinaria esperienza missionaria.
Suor Enza, lei parteciperà il prossimo 8 marzo a Voices of Faith: che tipo di testimonianza porterà?
Suor Enza Guccione: Credo la mia testimonianza si basi su un’esperienza di vita vissuta e trasformata dagli eventi della vita stessa. Un’esperienza semplice, carica di umanità e ordinarietà vissuta, secondo le mie complete capacità, come “strumento di Dio”, a disposizione di Dio, attraverso la quale possa trasparire l’amore di Dio che continua ad ascoltare il grido del Suo popolo e scende per salvarlo.
Ci può raccontare la storia della sua vocazione?
Suor Enza Guccione: La mia vocazione si manifestò all’età di 13 anni, quando per la prima volta sentii la Presenza del Signore e maturò, all’età di 20, quando entrai tra le Figlie di San Giuseppe, affascinata dal Carisma Eucaristico. Non ho una storia particolare: ho vissuto in famiglia e condotto una vita normalissima ma con una particolare attrazione per il bello nella natura, soprattutto il mare, che mi dà il senso dell’infinito di Dio, che avvolge tutto. I momenti di riflessione e di discernimento per i momenti importanti li ho maturati contemplando il mare.
Come ha avuto origine la sua missione in Nigeria?
Suor Enza Guccione: In Nigeria venni mandata nel 1996 dalla mia Congregazione, per occuparmi della formazione delle giovani nigeriane, che desideravano percorrere un cammino verso la consacrazione religiosa.
Nel 2003, per puro caso, fui invitata a visitare un villaggio fluviale. Nell’andare provavo solo un grande entusiasmo all’idea di dover attraversare il fiume, ignara di ciò che avrei incontrato. Al ritorno qualcosa aveva toccato il mio profondo. Nel 2005, partecipando al Primo Sinodo Diocesano in Onitsha, fui toccata profondamente dall’appello accorato dell’Arcivescovo, rivolto soprattutto ai religiosi e riguardante proprio quelle aree fluviali, lontane dalla cura materna della Chiesa, aree in cui l’Annuncio della Parola non era ancora entrato. Sentii in me forte il bisogno e il desiderio di fare qualcosa di concreto per quelle persone, parte del popolo di Dio, Corpo Mistico di Cristo, bisognoso di cura, attenzione, che, soprattutto, necessitava di essere ascoltato.
L’Africa che vivete voi missionari è molto diversa dall’Africa “da cartolina” o “da safari” che molti occidentali immaginano…
Suor Enza Guccione: Sì, L’Africa che ho incontrato non ha nulla a che vedere con la visione romantica e cinematografica di safari e cartoline. Non è quella da cartolina, ma è una realtà complessa, da comprendere, accogliere, valorizzare, rispettare, ricca di valori da cui attingere e di sofferenze che dai film e dalle cartoline, non traspaiono.
Le missioni in paesi in via di sviluppo richiedono grande vigore, coraggio e sacrificio. C’è mai stato un momento in cui si è sentita presa dallo sconforto e scoraggiata a continuare? O, al contrario, la sua motivazione non ha mai conosciuto cedimenti?
Suor Enza Guccione: Ci sono momenti in cui, più che scoraggiata, mi sono sentita impotente, soprattutto quando di fronte a gravi situazioni non ero munita di mezzi sufficienti per salvare dalla morte bambini o donne, soprattutto quelle in gravidanza. È terribile cogliere con consapevolezza piena le infinite necessità e non avere che poverissimi mezzi per far loro fronte. Mezzi insufficienti per qualunque pur semplice strategia di azione. È allora che la convinzione e la conseguente motivazione, diventano più forti. Perché l’alternativa di quella gente, in assenza, è il “nulla”.
Soprattutto oggi l’esperienza missionaria è aperta al contributo dei laici: quanti laici ci sono nella sua missione? Incoraggerebbe mai dei laici – magari giovani e senza vocazione religiosa – a svolgere un apostolato simile al suo?
Suor Enza Guccione: Ci sono parecchi laici che collaborano con noi al villaggio, alcuni di essi vengono dalle città vicine. Ma ci sono anche laici italiani che vorrebbero venire ad offrire il loro servizio e fare un’esperienza di vita. Purtroppo non siamo ancora in condizione di poter offrire ospitalità ai tantissimi giovani e meno giovani che ne hanno fatto richiesta, perché non abbiamo una casa in cui ospitarli. Noi stesse siamo in dodici ed abitiamo in una casa di quattro camere… Con tutte le conseguenze che lascio immaginare.
Chi fa missione in paesi africani o latinoamericani, spesso torna a casa dicendo: “ho ricevuto più di quello che ho dato”. Anche per lei è stato così?
Suor Enza Guccione: Ogni occasione che ci dispone a fare dono di noi stessi, è sempre un’esperienza in cui nel profondo ci si sente appagati. Il donare infatti colma la sete del cuore dell’uomo. E questo non capita solo andando in Africa o in America Latina. È questo secondo me il motivo per cui si ‘ritorna’ con la gioia nel cuore e la certezza di aver ricevuto più di ciò che si è donato. In Africa ed in America Latina, credo si sperimentino quei valori umani che in Europa si sono persi: l’Ospitalità, la Sacralità della Persona, l’appartenenza alla Famiglia, la condivisione, la spontaneità e la capacità dello stare insieme, il saper gioire delle piccole cose.