La vera storia di Boko Haram, dalla tentata purificazione dell’islam ai massacri quotidiani

In origine fu un movimento guidato da “colui che maledice” contro tutto ciò che è occidentale, poi divenne più sofisticato. Ma se dura ancora oggi è in gran parte colpa dei governi

 

Da due anni Steadfast Onlus, organizzazione umanitaria, coopera in territorio nigeriano. Primaria preoccupazione per l’intera equipe di lavoro e nello specifico per i due fondatori Emmanuele Di Leo (presidente) e Edmund Agbo (consigliere e nigeriano di nascita) è misurarsi con il problema principale della Nigeria: il terrorismo. Dopo un attento e scrupoloso lavoro di ricerca, consultandosi con persone del posto e con i chief (capi) dei villaggi, Di Leo con l’aiuto di Agbo ha provato a risalire alle origini dell’attuale piaga nigeriana.
LE ORIGINI. Fin dagli anni ’80 nello stato di Kano, si insediò un gruppo denominato Yan Tatsine. Missione del gruppo era la “purificazione” dell’islam che, a loro dire, era corrotto dall’occidente e dalla sua modernizzazione. Mohammed Marwa, fondatore del gruppo, negli anni che seguirono alla seconda Guerra Mondiale, si distinse per il suo modo cruento e irrispettoso di predicare, a tal punto da essere soprannominato “Maitatsine”, colui che maledice. Dopo aver iniziato la sua missione nei confronti degli “impuri”, partendo dagli emirati di Kano, Maitatsine è stato condannato dalle autorità britanniche all’esilio fuori dallo Stato nigeriano.
CONDANNA ALL’INFERNO. Nei successivi anni, dopo l’indipendenza della Nigeria, Maitatsine rientrò in patria e iniziò una campagna di reclutamento per la sua missione. Promuovendo come caposaldo della rivelazione il Corano, si proclama mujaddid e riformatore ispirato dell’islam. Con modalità rigorose e disumane, cominciò a condannare all’inferno chiunque usufruisse di mezzi come radio, biciclette, automobili e ancora chi venisse sorpreso a leggere libri o a possedere ingenti ricchezze.
IL NUOVO “PROFETA”. Nel 1979 la sua “leadership” delirante ebbe una svolta. Non essendo neanche più in accordo con il profeta Maometto, si proclamò Annabi, che in haussa significa “Profeta”. In quegli anni i suoi sostenitori erano in netto aumento, giovani fanatici pronti a sacrificare la vita per il loro Dio. Yan Tatsine, così denominati, erano ormai una setta fermamente decisa ad instaurare un regime totalitario islamico. Negli anni a seguire  gli scontri efferati contro le forze governative nigeriane aumentarono, portando alla decisione di emanare un decreto di allontanamento per gli Yan Tatsine dallo Stato di Kano. Tale decreto accese la rivolta furiosa dei fanatici, provocando l’intervento della presidenza della Nigeria, con conseguente invio di forze militari che portarono all’uccisione di più di 4.000 persone e dello stesso fondatore Maitatsine.
ARRIVA YUSUF. Nonostante la morte del fondatore Mohammed Marwa, l’opera di Yan Tatsine è proseguita. Tra il 1982 e il 1985 la setta ha mietuto vittime a migliaia. Messi al bando dal governo nigeriano,  si sono rifugiati in Camerun per poi riemergere alla ribalta della cronaca intorno al 1995. La loro denominazione è cambiata in Sahaba e poi sono stati riconosciuti anche con i nomi di setta Yusufuya, Jamaatul Takfur Wal Hyra Ahlus Sunna, Khawaarji, Jamaatu Alhissunnah, ecc… Assenti dal territorio nigeriano da molti anni, il loro nome ha perso di credibilità, ma sotto la guida di Mallam Muhammad Yusuf (foto a fianco) sono tornati a insediarsi nella parte nord-occidentale del paese.
BOKO HARAM. Di Leo e Agbo, cercando di comprendere le origini della matrice terroristica in Nigeria, hanno scoperto che l’allora setta Sahaba non era considerata dalla popolazione un potenziale pericolo per via della scarsa cultura del leader. L’allora Sahaba, oggi meglio conosciuto come Boko Haram, era poco accreditata per via della scarsa capacità di convincere e “illuminare” la popolazione. Infatti nel 1995 la setta aveva perso il carisma del passato e i suoi fini imprecisi, senza una meta concreta, miravano solamente a vietare tutto ciò che è occidentale.
LA MISSION. Yusuf, nonostante influenti musulmani gli proibiscano di predicare nelle grandi moschee, si dimostra però un brillante giovane e uno stretto seguace, nonché migliore studente dello Sheik Jafar Mohammed. Le attività del giovane leader e dei suoi seguaci si intensificano, l’insegnamento, il saper persuadere e gli obiettivi si affinano. Le attività di Boko Haram iniziano ad assomigliare a quelle dei Talebani in Afghanistan e Pakistan. La mission si rende evidente quando il gruppo comincia a combattere l’influenza, la cultura e l’insegnamento dell’occidente, elementi che secondo la setta rendono la religione musulmana debole. Yusuf, approfittando della mission condivisa da gruppi come al-Qaeda e Isis e affiancandosi al miscuglio di principi e fini di vari gruppi terroristici di matrice islamica, cerca d’insediare uno Stato Islamico immaginario all’interno della Nigeria. Uno Stato, secondo Yusuf, dove risiederanno solo musulmani e dove regnerà la legge divina d’ispirazione coranica.
LE COLPE DEI GOVERNI. Ad oggi, Boko Haram sta operando per questo obiettivo con efferati attentati, seminando il regime del terrore. Ogni territorio occupato da Boko Haram è affidato ad un Amir (leader) che per conto di Yusuf prima e Shekau poi controlla, gestisce, arruola e semina terrore. Questi “stati” con i loro Amir sono presenti anche in Niger e Ciad. Racconta Agbo che tutti i vizi nel sistema di Nigeria, Ciad e Niger (corruzione, prostituzione, ricorrenti scioperi delle scuole ed il conseguente indebolimento del sistema dell’educazione) hanno reso più semplice offrire un modo “diverso”, uno stile di vita promettente e “remunerativo” per i giovani abbandonati alla miseria e confusi. L’iniquità e la povertà hanno giovato al reclutamento libero alla causa terroristica.
La situazione politica in Nigeria, afferma Di Leo, ha consentito la sopravvivenza di Boko Haram. Essa si presentava sempre come un’egemonia a favore dei musulmani, che hanno detenuto il potere per più del settanta per cento della vita politica della Nigeria post-indipendente. L’attuale lotta incessante dei capi musulmani del nord contro la presidenza guidata da un esponente cristiano del sud della Nigeria, sta creando terreno fertile ai terroristi, che approfittando delle lotte politiche, espandono i loro domini.
CONNIVENZE E MASSACRI. Agbo conferma che persone di ceto alto, figli di famiglie benestanti e membri del governo appoggiano indirettamente Boko Haram ed è per questo molto difficile scoprire i volti dei suoi aderenti. La lista dei danni causati da Boko Haram alla vita e all’intera Nigeria è lunga. Dagli anni ̕80, la violenza di matrice islamica e religiosa non ha lasciato nessun respiro, culminando dal 2009 nel massacro senza tregua di migliaia di persone: adulti, bambini, civili e militari.
NIGERIA VUOLE RIEMERGERE. I sequestri di persona sono ormai all’ordine del giorno in Nigeria. Più di 5.000 persone sono state già rapite, le ragazze di Chibok incluse. Recentemente, più di cinquemila persone sono state uccise, sempre nel nord della Nigeria. Gli aiuti umanitari non bastano. Portare medicinali, cibo, cura, sostentamento è un’impresa ardua. Concludendo, il presidente di Steadfast Onlus, Di Leo, ci lascia con una lieve nota di speranza: «Nonostante tali eventi sanguinosi, le tante difficoltà legate alla povertà e le malattie come ebola, la Nigeria e i nigeriani rimangono un popolo che vuole riemergere. Ora sta a noi, occidente ed oriente, dar loro la possibilità di svegliarsi da un incubo che sembra senza fine».
da: Tempi.it