Il Covid-19 e il divieto di contatto fisico

Skin Hunger…la”fame di pelle”

Il giorno 30/01/2020 sarà per tutti noi una data che rimarrà eternamente scolpita nelle nostre menti, nelle nostre vite e nei nostri datari: è la data, certificata, dell’inizio dell’emergenza sanitaria che ci ha colpito tutti, direttamente o pur indirettamente: l’avvento della pandemia mondiale di Sars-Cov-2, meglio conosciuto come Covid-19. 

Questo ceppo influenzale, molto pericoloso, altamente infettivo e anche potenzialmente mortale si presenta con: febbre alta, tosse secca e spossatezza. Nel peggiore dei casi, l’infezione da Covid-19, porta alla morte per ipossia (forte deprivazione d’ossigeno, dovuta alle complicazioni della polmonite bilaterale da Sars-Cov-2). Fra le tante deprivazioni e mancanze, accusate dai pazienti Covid e non, in questo periodo, c’è la cosiddetta”skin hunger ovvero: la fame di pelle”…la mancanza del contatto fisico che sia amorevole e rassicurante.

Costretto ad un forzoso distanziamento sociale, l’uomo che per sua natura è un”animale sociale” fortemente votato alle dimostrazioni di affetto e calore, si ritrova ad evitare il contatto fisico per un’imposizione politico-sociale e soprattutto per evitare il rischio di contagiare ed essere contagiato.

Studi psicologici e medici, negli anni, hanno dimostrato che il calore e il contatto fisico sono fondamentali nello sviluppo psicofisico dell’uomo: sono un’esigenza primaria, dal neonato all’anziano.

I benevoli effetti dati dal contatto fisico sono tanti, diversi e tutti scientificamente comprovati: dall’aumento della produzione dei livelli di endorfine (“ormone della felicità”,dagli effetti simili alla morfina) alla diminuzione dei livelli di cortisolo (ormone che contrasta gli effetti negativi dello stress), aumento dei livelli delle difese del sistema immunitario etc.

A cosa può portarci, questo periodo di astinenza prolungata da contatto fisico?

La psicologa italiana Medde, nell’intervista rilasciata per il portale https://www.sanitainformazione.it/salute, sottolinea come questo prolungato lockdown e le misure di distanziamento sociale siano le principali cause dei primi ravvisagli di depressione che stanno colpendo sempre più persone nel mondo.

Da volontario presso una residenza sanitaria italiana, rileggendo le interviste rilasciate dai pazienti Covid e dalla dott.ssa Medde, rifletto sulla condizione degli anziani ricoverati presso le case di riposo e RSA italiane: in un’ambiente diverso dal loro habitat familiare, lontani dai loro parenti e, per di più, impossibilitati nel poter ricevere le visite dei loro cari.

Come possono, quest’ultimi affrontare un periodo così stressante e vicino alle feste natalizie senza i propri familiari, senza una loro visita, uno loro sguardo o una carezza fatta amorevolmente da un loro caro? Dove troveranno le forze per combattere questa brutta bestia chiamata Covid19?

Attraverso il progetto SoniAid, promosso dalla Steadfast (https://www.steadfastonlus.org/mission/) , di cui faccio parte, sono tantissimi i nonnini e nonnine che ho potuto conoscere da volontario: tutti gli uni diversi dagli altri, tutti con i loro volti emozionati nei giorni in cui ero presente nella struttura e tutti pronti a recepire il mio sguardo, sorriso e ben che più minima parola che potesse loro esser fonte di calore e di rassicurazione per la loro condizione psicofisica…di forte fragilità data dalle patologie e dai loro anni.

Ritornando ai benefici prodotti dal contatto fisico, non posso che riflettere sui molti giovamenti che questi possono portare anche agli anziani presenti nelle terapie intensive e nelle case di riposo  e RSA…enormi benefici che purtroppo sono impossibilitati a ricevere per le giuste misure di distanziamento sociale. 

Questa mia riflessione, sicuramente è condivisa e ritenuta valida da molti esperti nel settore della salute in quanto: nel centro anziani di Castelfranco Veneto, nel mese di novembre, è stata creata…la”stanza dell’abbraccio”.

Stanza dell’abbraccio che, attraverso l’uso di una tenda di plastica morbida e trasparente, permette agli ospiti del Centro Anziani di poter ricevere l’abbraccio dei propri cari…anche se quest’ultimo è ”filtrato”.

I responsabili della struttura Maurizio Trento e Elisabetta Barbato hanno così motivato e presentato la loro iniziativa: «Gli ospiti hanno bisogno di contatto fisico coi famigliari per il proprio benessere e così abbiamo studiato varie soluzioni, ispirandoci anche all’estero. La serenità e la qualità della vita dei nostri ospiti è fondamentale, speriamo così di poter fare un nuovo piccolo passo verso la normalità».

 Nel confrontarmi con i miei colleghi e amici volontari, tutti abbiamo una comune mancanza e un comune desiderio: il poter tornare quanto prima operativi, per portare un sorriso e una carezza ai “nostri nonnini e nonnine”, che ci mancano e che sentiamo vicini…anche se purtroppo sono lontani.

Al termine di questa pandemia, quando il virus Covid19 sarà finalmente sconfitto, ci ritroveremo tutti con una “valigia di abbracci repressi”, da distribuire a parenti, amici e conoscenti…a cui fino ad oggi eravamo impossibilitati di avvicinarci anche per una semplice stretta di mano. 

 Fonti:

di: David Marconetti