E’ partita il 17 giugno, in anticipo, la raccolta firme per poter procedere il prossimo autunno al referendum per legalizzare il suicidio assistito e depenalizzare l’eutanasia in Italia.
Ricordiamo che il quesito referendario era stato depositato lo scorso 20 aprile in corte di Cassazione dall’Associazione Luca Coscioni di cui Marco Cappato è tesoriere. L’obiettivo è la raccolta di 500 mila firme tra giugno e settembre, per poi sottoporre ai cittadini il referendum, che richiede una parziale abrogazione dell’art. 579 del codice penale (“omicidio del consenziente”), mantenendo invece le aggravanti nel caso siano coinvolte persone fragili.
Come al solito, l’Associazione fa leva sulla sensibilità umana di fronte a casi drammatici. L’abbiamo visto con il caso Dj Fabo, lo vediamo adesso con i casi di Mario, tetraplegico e immobile da dieci anni dopo un incidente stradale, e quello di Daniela, morta il 5 giugno per un tumore al pancreas, poco prima che il tribunale di Roma si esprimesse sulla richiesta della ragazza di ricorrere al suicidio assistito secondo la sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale.
Questa battaglia referendaria riaccende i riflettori su due questioni secondo noi fondamentali:
1) Il compito primo della medicina è quello di lenire, se non eliminare del tutto, il dolore, mai il sofferente. E’ imperativo che il medico non provochi mai direttamente e consapevolmente la morte di un altro essere umano.
2) Se vi è per un individuo un diritto a morire, vi è anche l’obbligo per un terzo di provocare la morte di quell’individuo. E’ paradossale pensare che una legge definirà chi avrà questo obbligo.
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