BIRMANIA: POPOLAZIONE ALLO STREMO. ANCHE LA CHIESA INVOCA L’INTERVENTO ONU
Nel silenzio quasi totale dei mass media occidentali, in Myanmar (ex Birmania) i militari che hanno preso il potere con un colpo di stato il primo febbraio scorso continuano a mietere vittime e ad affamare la popolazione.
L’ultimo accorato appello arriva da Padre Joseph Sethang, sacerdote cattolico a Mindat, cittadina al confine con India e Bangladesh. E’ stato lui a dare rifugio a 80 sfollati, per lo più donne e bambini, costretti ad abbandonare le loro case a fronte della furia dei militari saliti al potere.
Nell’area è forte la resistenza delle “forze popolari di difesa” che però poco possono contro i militari con i civili quasi del tutto rintanati nella jungla. La decisione di imbracciare nuovamente le armi per opporsi all’esercito che attualmente governa il Paese in forma dittatoriale, ha provocato la forte reazioni dei militari che, secondo alcuni testimoni, oltre ad arresti indiscriminati avrebbero commesso veri e propri crimini contro l’umanità. Per sedare le proteste (iniziate pacificamente anche se massicciamente già nel febbraio scorso) i militari avrebbero compiuto raid aerei contro obiettivi civili, distrutto infrastrutture al fine di isolare la popolazione e condotto veri e propri rastrellamenti. E’ per questo che molti civili hanno scelto di rifugiarsi nella jungla, che non è certo l’habitat naturale soprattutto per bambini ed anziani.
“Bisogna fermare la violenza. Chiediamo alle forze armate birmane e alle Forze di difesa popolari di Mindat di fermare gli scontri e di smetterla di danneggiare civili innocenti, donne, bambini e anziani che stanno già soffrendo troppo” l’accorato appello che il parroco ha rilasciato all’agenzia Fides.
Anche la chiesa ora chiede l’intervento dell’Onu e delle Ong perché allestiscano campi profughi a ridosso delle zone dove la repressione dei militari è arrivata più spietata.
© Copyright 2024 Steadfast | Privacy policy