Una battaglia vinta sì, ma non la guerra contro una legge mortifera, ormai in vigore in Belgio dal 2002 e che ha ucciso in 20 anni più di 20 mila persone.
Strasburgo, 4 ottobre 2022: la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si è pronunciata a favore di Tom Mortier, figlio di Godelieva de Troyer, morta per iniezione letale nel 2012, all’età di 64 anni. Alla signora era stata diagnosticata una depressione incurabile. Il figlio Mortier aveva fatto ricorso perché alla madre era stata praticata l’eutanasia senza che ai famigliari fosse notificato nulla. «Mia madre – ha detto Mortier – aveva enormi difficoltà mentali e aveva affrontato la depressione per tutta la sua vita. Era stata per anni in cura di psichiatri, e, in maniera triste, io e lei abbiamo perso i contatti per qualche tempo. È stato durane questo periodo che morì per iniezione letale. Non avrei mai immaginato che ci saremmo separati per sempre».
Secondo la sentenza di due giorni fa il Belgio ha violato l’articolo 2 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che recita al primo paragrafo: «Il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge». La motivazione di questa sentenza risiede, non sulla violazione della legge belga sull’eutanasia, ma sulla mancanza di indipendenza nel sistema di controllo che la Commissione federale è chiamata ad applicare.
Il medico che ha ucciso la signora Troyer fa parte della commissione di controllo dell’eutanasia e gli altri due medici consultati prima della procedura risultano appartenere ad un’associazione pro eutanasia. Le motivazioni che hanno portato Troyer a questa scelta tragica sono state approfondite? È stato dato sufficiente tempo alla signora per poter considerare un cambio di idea? Se sì, perché la famiglia non è stata informata? La lontananza dai figli poteva aver influito su questa decisione, ma nessuno li ha consultati.
Secondo la nostra visione, sebbene la sentenza metta in luce come nella legge belga sull’eutanasia non ci siano ‘clausole di salvaguardia’ che possano mitigare i pericoli della pratica una volta che questa è legalizzata, essa purtroppo non contesta la legge in sé, la quale è essa stessa una violazione all’articolo 2 della suddetta convenzione.
di: Manuele Miraglia, cooperante Steadfast
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