SIAMO DI FRONTE AD UN NUOVO CASO ENGLARO?
«Questo è il primo step dell’obiettivo che ci siamo posti da subito, ovvero dare pace a Samantha. Ma la battaglia non è ancora finita». Sono le parole di Giorgio D’Incà, padre di Samantha che, da oltre 300 giorni è in coma allettata in una Rsa.
Questa ragazza di 31 anni, di Feltre, potrebbe presto vedersi accompagnare verso l’eutanasia.
Il decreto depositato giovedì dal giudice tutelare Umberto Giacomelli, del Tribunale di Belluno, indica il padre della ragazza come amministratore di sostegno, dandogli la facoltà di iniziare il percorso di fine vita della figlia, in stato vegetativo.
Una decisione importante, contenuta in un provvedimento destinato a fare discutere.
Come spiega l’avvocato Davide Fent, che ha assistito la famiglia nell’iter giudiziario, “fondamentale è il valore dato alle volontà di Samantha” che però, aggiungiamo noi, non ha mai depositato le famose DAT (disposizioni anticipate di trattamento).
Siamo di fronte ad un nuovo caso Englaro? Prevarrà la volontà dei genitori che si dicono depositari di quella della figlia? Forse è presto per dirlo ma alcuni dettagli ci lasciano perplessi.
Innanzitutto il documento della Corte, molto articolato, lungo 12 pagine. «nomina amministratore di sostegno il papà — spiega Fent — Mentre l’incarico provvisorio era stato assegnato a un avvocato.” È onestamente una scelta giusta, chi più di un genitore vorrebbe tutelare la vita del proprio figlio?
“L’altro aspetto fondamentale è che il giudice dà al padre il potere di esprimere consenso alla sospensione dei trattamenti sanitari vitali ma previo parere dell’équipe medica che ha in cura la ragazza».
In altre parole, il padre non potrà decidere da solo e subito se interrompere le cure che tengono in vita la figlia, ma dovrà ottenere il via libera dei sanitari.
Solo che, dalle dichiarazioni riportate dalla stampa, si evince che il padre non sa cosa pensano i sanitari al riguardo. “In questi mesi non abbiamo avuto modo di approfondire queste cose con i dottori, ognuno si è concentrato in ciò che doveva fare. Io so però che mia figlia in queste condizioni soffre e i trattamenti non le portano alcun beneficio. Spero che sia chiaro a tutti».
Si intuisce quindi che la direzione che la famiglia vuole intraprendere è quella della dolce morte.
C’è poi un terzo aspetto cruciale nel provvedimento “Fondamentale, è il valore dato alle volontà di Samantha — prosegue il legale della famiglia feltrino — In questo caso, in cui mancavano le Disposizioni anticipate di trattamento (Dat) , è servito motivare il percorso patologico della ragazza, ricostruire la volontà della 31enne e, in virtù di questo, chiedere al giudice di sospendere i trattamenti sanitari». E qui troviamo l’assonanza con il caso Englaro appunto.
Il documento del giudice tutelare, arrivato a completamento di un iter complesso, previsto dalla legge 219/2017 in assenza di disposizioni anticipate di trattamento (Dat), dice soddisfatto Fent “Porta a una ricostruzione degli elementi presentati al giudice e si rifà al best interest del paziente, riprendendo il secondo parere del comitato etico, che aveva riferito che certi trattamenti vitali non erano più nell’interesse del paziente”.
È facile intuire che il provvedimento di Belluno farà scuola in altri tribunali ponendo un ateo tassello per la legalizzazione dell’eutanasia per via giudiziaria come abbiamo visto accadere, ad esempio in Uk, una sentenza dopo l’altra.
La vicenda giudiziaria ha visto
Il legale della famiglia proporre, già in precedenza, la nomina di Giorgio D’Incà quale amministratore di sostegno di Samantha. Ma la richiesta era stata respinta dal giudice, che aveva invece dato parere positivo alla sospensione delle cure. Poco prima, l’Uls e la famiglia avevano individuato un professionista che facesse una valutazione medica della patologia di Samantha. Una prima perizia aveva individuato nella paziente un margine di ripresa, e aveva quindi portato al trasferimento della ragazza a Vipiteno, in una clinica di riabilitazione gestita dal luminare Leopold Saltuari, a cui purtroppo non è seguito alcun risultato. Una seconda perizia ha quindi fatto dietrofront, stabilendo l’assenza di margini di miglioramento nella ragazza. “Quella perizia diceva che certi trattamenti, FORSE, non erano più nell’interesse della paziente” spiega il legale.
Il provvedimento di giovedì, arrivato dopo una serie di argomentazioni della difesa in punta di diritto, ha portato il risultato auspicato dalla battaglia giudiziaria dei genitori di Samantha. «Non si è fatto quello che la famiglia desiderava — spiega il legale — Si è fatto ciò che Samantha pensava e cosa avrebbe voluto, se fosse stata in grado di esprimerlo oggi».
Samantha si trova in un limbo, uno stato vegetativo irreversibile provocato da una complicanza intervenuta nel corso di un intervento. Da agosto è ospite della Rsa di Cavarzano, in posizione fetale, con spasmi muscolari che le provocano dolore. «È uno strazio vederla così, si capisce benissimo che sta soffrendo — commenta il padre — E l’unico strumento che poteva alleviare questo dolore fisico, ovvero una pompa sottocutanea che liberasse a intervalli regolari il farmaco che rilassa la muscolatura, non è stato possibile installarlo, perché Samantha è troppo magra. Sono fiducioso. La strada è ancora lunga, e non sarò io a poter decidere, ma come prevede la legge la decisione sarà presa dall’équipe medica che sta seguendo amorevolmente Samantha».
Anche se, dalle parole del papà appare chiara la scelta che proporrà la famiglia.
Nei prossimi giorni di novembre si svolgerà l’udienza in cui il padre della ragazza assumerà l’incarico di amministratore di sostegno. Dopodiché, l’équipe medica valuterà se i trattamenti in corso dovranno essere interrotti o continuati. In altre parole, deciderà se le condizioni della ragazza sono ormai irrecuperabili o se c’è spazio per ulteriori cure riabilitative. Nel primo caso, sarà papà Giorgio ad avere l’ultima parola per eseguire le volontà presunte della figlia.
Ma si sente pronto il papà a portare sulle spalle il peso di accompagnare sua figlia verso il fine vita? «Pronto lo sono sempre stato. Abbiamo chiesto da subito al giudice che fossi nominato io come amministratore di sostegno di Samantha, perché credo che debba essere un genitore a seguire un figlio in una vicenda così drammatica. L’11 novembre giurerò davanti al giudice e quindi lo sarò ufficialmente. Ma di certo non vedo questo risultato come una vittoria».
La vera vittoria, in questa tragica storia, il finale che possiamo augurarci per Samantha, è che la famiglia e i medici collaborino per garantire a questa ragazza un percorso di assistenza davvero dignitoso, senza accanimento terapeutico ma mai verso l’eutanasia. Un percorso in cui la tutela della sua vita sia davvero preso come valore fondamentale.