Non c’è pace per il popolo Karen, una minoranza etnica che abita il sud della ex Birmania oggi Myanmar. Dal 1949 in lotta contro la dittatura militare (che ha sostituito il colonialismo britannico nel 1948) i Karen sono tornati oggetto di una vera e propria pulizia etnica dal febbraio del 2021, quando i militari hanno arbitrariamente arrestato il capo del governo e premio nobel per la pace Aung San Suu Kyi acquisendo di nuovo il controllo della nazione.
I golpisti hanno immediatamente rotto il cessate il fuoco sottoscritto nel 2015. La scusa? Punire chi avrebbe dato riparo ai dissidenti dei nuovi dittatori. Un palese escamotage visto che, nonostante le forti repressioni delle manifestazioni di piazza che hanno portato (solo a parole) a stigmatizzare tali atteggiamenti tutti gli Stati occidentali, a rivoltarsi contro i gruppi militari è stato praticamente tutto il Paese.
Un’attivista locale, Hsue Saw Nanda, ha raccontato all’agenzia Dire di un violento bombardamento avvenuto il 28 aprile scorso nel distretto di Mutraw a cui sono seguiti diversi raid che hanno portato alla morte di almeno 40 persone. In migliaia hanno abbandonato le loro case per rifugiarsi in alloggi di fortuna all’interno della giungla, che per decenni è stata la vera casa di questa etnia continuamente vessata.
Come detto la cosa aberrante è l’immobilismo internazionale, ben evidente anche in Palestina. A parte frasi di circostanza nulla è stato fatto per frenare l’escalation di violenza nell’ex Birmania. In una posizione scomoda soprattutto l’Italia: secondo molte testimonianze infatti i proiettili sparati dall’esercito birmano sarebbero italiani. A produrli l’azienda italo francese con base a Livorno “Cheddite srl”. Il caso si colora di giallo visto che, dal 1991, vige l’embargo di armi verso il Myanmar.
There is no peace for the Karen people, an ethnic minority that inhabits the south of the former Burma, today Myanmar. Since 1949, struggling against the military dictatorship (which replaced British colonialism in 1948), the Karen have become object of a real ethnic cleansing since February 2021, when the military arbitrarily arrested the head of government and Nobel prize for peace Aung San Suu Kyi by regaining control of the nation.
The coup leaders immediately broke the ceasefire signed in 2015. The excuse? Punishing those who would have given shelter to the dissidents of the new dictators. A clear ploy given that, despite the strong repressions of street demonstrations that have led (only in words) all Western states to stigmatise these attitudes, actually it was the whole country to have revolted against the military groups.
A local activist, Hsue Saw Nanda, told the “Dire” agency about a violent bombing that took place on April 28 in the Mutraw district, which was followed by several raids that led to the death of at least 40 people. Thousands have fled their homes to take refuge in makeshift lodgings in the jungle, which for decades have been the real home of this continually harassed ethnic group.
As mentioned, the aberrant thing is the international immobility, which is also evident in Palestine. Apart from circumstantial phrases, nothing has been done to stop the escalation of violence in the former Burma. Above all Italy is in an uncomfortable position: according to many witnesses, the bullets fired by the Burmese army are said to be Italian. The Italian-French company based in Livorno “Cheddite srl” produces them. The case becomes a mystery given that, since 1991, there has been an arms embargo towards Myanmar.
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