Il valore aggiunto della nostra Organizzazione è avere cooperanti che agiscono proprio nelle emergenze. Alessandro Mercuri è uno di questi, impegnato nella nostra progettazione SoniAid, già nella task force di Ebola dello Spallanzani, oggi è impegnato in prima linea per l’emergenza Corona Virus presso l’ospedale Santa Maria Goretti di Latina.
Sono giorni infiniti, la gran parte d’Italia è messa in ginocchio da questa pandemia. Alessandro ogni due giorni ci aggiorna su quanto succede nell’area critica dove opera. “La situazione non è semplice, ho passato in questi giorni più tempo in ospedale per salvare vite, per decidere se sono infetti o no, per cercare di capire come aiutarli a sopravvivere o spiegargli come ci si infetta e come tutelarsi, che in tutta la mia carriera. Ho passato notti aspettando nuove disposizioni, aspettando un miglioramento delle condizioni di vita dei tanti degenti che abbiamo in carico supportati da macchine, per farli respirare. Questi sono giorni di doppi turni o quasi tripli, per supportare o compensare la mancanza di personale… Molte volte lo fai volontariamente per dare una mano a chi è in difficoltà o a chi si approccia per la prima volta in una emergenza di queste dimensioni. Un’emergenza che può sembrare una sciocchezza vista da fuori, ma in realtà non lo è. Dalla gestione dei pazienti alla riorganizzazione della struttura ospedaliera. Arrivano ambulanze nei pronto soccorsi con colleghi stremati dentro a tutoni che trasportano i probabili contatti o contagiati, persone con febbre, crisi respiratorie importanti. Persone che vengono subito intubate. Persone provenienti dal proprio domicilio o da ospedali che sono al collasso. Sono chiuse sale operatorie, sospesi interventi, sospesi ambulatori ed altre attività.”
Data la sua pluriennale esperienza in più di di vent’anni, Alessandro afferma che rispetto all’emergenza Ebola, quella del Corona Virus è differente e forse più pericolosa. “Ebola è un virus molto contagioso, che rispetta tutti gli isolamenti droplet, respiratorio e di contatto, con una situazione molto più critica a livello di contagio altissimo, mentre il Corona Virus anche se molto contagioso e di mortalità elevata, rispetta solo due isolamenti: quello da contatto e il droplet. Il problema più grande dell’epidemia da COVID-19, è la sua rapida diffusione nell’ambiente e da persona a persona entro un metro dall’emissione di starnuti, tosse o dalle mani di chi ha appena tossito. Una rapida diffusione, che sta mettendo in difficoltà tutta la nostra rete sanitaria nazionale. Stanno finendo i posti nelle sale di rianimazione, non c’è abbastanza personale, mancano i principali ausili medici. Nelle terapie intensive si hanno problemi di contagio per gli operatori, causa la broncoaspirazione dei pazienti positivi, la mancanza di dpi, ci mette in serio pericolo.”
La stanchezza non aiuta i medici e gli operatori sanitari che, nonostante tutto, continuano instancabilmente ad operare per salvare vite. Ogni caso è una storia, una vita fatta di affetti, gioie e paure, storie che colpiscono e che segnano gli animi di questi uomini e donne impegnati in prima linea per salvarci. Alessandro ci racconta di una bambina di due anni affetta d broncopolmonite, febbre alta e difficoltà respiratoria. Era in braccio alla sua mamma, che disperata per le sue condizioni chiedeva aiuto. “Difronte a queste scene, spesso ti senti inerme, ti si spezza il cuore. Una bambina in gravi difficoltà, una mamma affranta e un padre disperato che urla implorando la sua salvezza. Gestire anche queste situazioni non è semplice e la tensione mista all’emotività, non aiuta. Devi avere forza d’animo, professionalità, pazienza e tanto cuore. Vorresti piangere con loro, ma ti devi far forza e trovare le giuste parole di conforto e rassicurazione che, come in questo caso, prendono forma dalla tua voce rotta per la consapevolezza della gravità della situazione…”
Infermieri, medici, operatori del 118… ognuno vive le vite dei tanti malati vittime di questa pandemia. Vivono quelle vite intensamente, occhi che trafiggono altri occhi, sguardi intensi che nei silenzi comunicano tutte le sofferenze, le paure e le speranze. “Mi sento abbandonato”, questa è una delle esclamazioni che spesso Alessandro si sente dire da pazienti specialmente gli over ’80. Sono in camera d’isolamento, non possono ricevere visite e ahimè muoiono soli. “Noi infermieri siamo il oro tutto, l’unico contatto con l’esterno, con i loro affetti. Siamo le uniche parole di conforto per tutti loro. Gli facciamo capire che non sono soli, non sono abbandonati e facciamo tutto il possibile per non farli sentire ultimi ed invisibili.” Con queste parole Alessandro ci descrive il vissuto di queste settimane infinite e l’impegno nel contrastare questo male che sarà vinto dalla perseveranza di tutti: “da chi impegnato in prima linea come me nelle corsie di ospedale a chi opera per la nostra sicurezza e per assicurarci i beni di prima necessita, a chi rimane a casa per non propagare il virus, evitando così sovraffollamenti in ospedale, tutelando se stesso e gli altri.”
The added value of our Organization is to have volunteers who act precisely during emergency times. Alessandro Mercuri is one of these, engaged in our SoniAid project, already in the Ebola task force of Hospital “Spallanzani”, today he is engaged in the front line for the Corona Virus (#COVID-19) emergency at the Santa Maria Goretti hospital in Latina.
These are endless days; most of Italy is brought to its knees by this pandemic. Alessandro updates us every two days on what is happening in the critical area where he operates. “The situation is not simple, I have spent more time in the hospital in these days to save lives, to decide whether they are infected or not, to try to understand how to help them survive or explain how to someone get infected and how to protect themselves, than in all my career. I spent nights waiting for new provisions, waiting for an improvement in the living conditions of the many patients we have in charge supported by machines, to make them breathe. These are days of double or almost triple shifts, to support or compensate for the lack of staff … Many times you do it voluntarily to help those who are in difficulty or those who approach for the first time in an emergency of this size. An emergency that may seem like nonsense seen from the outside, but in reality it is not. From patient management to the reorganisation of the hospital structure. Ambulances arrive in the emergency rooms with exhausted colleagues in tutons carrying the likely contacts or infected, people with fever, major respiratory crisis. People who are immediately intubated. People from their homes or hospitals that are collapsing. Theatre rooms for operation are closed, surgery are suspended, visit and other activities are suspended. “
Given his 20 years of experience, Alessandro says that compared to the Ebola emergency, this one of the Corona Virus is different and perhaps more dangerous. “Ebola is a very contagious virus, which respects all droplet, respiratory and contact isolations, with a much more critical situation at a very high contagion level, while the Corona Virus, although very contagious and with high mortality, respects only two isolations: the contact one and the droplet. The biggest problem of the COVID-19 epidemic is its rapid spread in the environment and from person to person within one meter of the emission of sneezing, coughing or from the hands of those who have just coughed. A rapid spread, which is putting our entire national health network in difficulty. The places in the resuscitation rooms are running out, there is not enough staff, the main medical aids are missing. In intensive care there are contagion problems for staff, due to the bronchoaspiration of positive patients, the lack of dpi, puts us in serious danger. “
Fatigue does not help doctors and health professionals who, despite everything, continue tirelessly to save lives. Each case is a story, a life made of affections, joys and fears, stories that strike and that mark the hearts of these men and women committed to the front line to save us. Alessandro tells us about a two year old girl suffering from bronchopneumonia, high fever and difficulty breathing. She was in the arms of her mother, who, desperate for her condition, asked for help. “In front of these scenes, you often feel helpless, your heart breaks. A girl in serious difficulties, a heartbroken mother and a desperate father who screams imploring her salvation. Managing even these situations is not easy and the tension mixed with emotion does not help. You must have strength of mind, professionalism, patience and a lot of heart. You would like to cry with them, but you must strive and find the right words of comfort and reassurance that, as in this case, take shape from your broken voice for the awareness of the seriousness of the situation “
Nurses, doctors, operators of 118 … everyone lives the lives of the many sick victims of this pandemic. They live those lives intensely, eyes that pierce other eyes, intense gazes that in silence communicate all the sufferings, fears and hopes. “I feel abandoned”, this is one of the exclamations that Alessandro often hears patients say especially the over 80s. They are in an isolation chamber, they cannot receive visits and, also, they die alone. “We nurses are the whole gold, the only contact with the outside world, with their affections. We are the only words of comfort for all of them. We make them understand that they are not alone, they are not abandoned and we do everything possible not to make them feel last and invisible.” With these words, Alessandro describes the experience of these infinite weeks and the commitment to counteract this evil that will be overcome by everyone’s perseverance: “from those who are committed to the front lines like me in hospital wards to those who work for our safety and for to ensure the basic necessities, to those who stay at home so as not to spread the virus, thus avoiding overcrowding in the hospital, protecting themselves and others. “
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